Maurizio Agamennone, Giulia Sarno, Daniele Palma, Pino Gala, Costantino Vecchi, Antonella Moriani, Elisa Boffa, Roberto Kenofsky Paris
Una remota rilevazione in Toscana (musiche contadine nell’Aretino, 1965-1967): progettualità e relazioni tra attori diversi, repertori locali, documentazione, conservazione e restituzione
Il contributo prende le mosse dalla ricerca condotta da Diego Carpitella nell’Aretino tra il 1965 e il 1967, oggi documentata nel fondo conservato presso la Biblioteca Città di Arezzo. Si tratta di un’impresa esemplare, realizzata in stretta collaborazione con una équipe locale e con il sostegno tecnologico della sede RAI di Firenze, che produsse un imponente corpus di registrazioni e materiali sulle tradizioni musicali contadine del territorio. Il contributo propone una riflessione a più voci su questa “remota rilevazione” come testimonianza paradigmatica delle pratiche di ricerca etnomusicologica degli anni Sessanta: dalle modalità di documentazione audio alle relazioni tra ricercatori, istituzioni e comunità, fino ai processi di archiviazione e catalogazione dei documenti sonori e delle carte. Saranno discussi inoltre i temi della fruizione, della comunicazione e della valorizzazione del fondo, nonché le prospettive eventuali di restituzione alle comunità locali e di riattivazione della memoria musicale in un contesto profondamente mutato.
Chair: Francesco Giannattasio (Sapienza Università di Roma)
Sergio Bonanzinga (Università di Palermo)
Ritorno a Pantelleria: la raccolta CNSMP 110 (1967)
Il rapporto di Diego Carpitella con la Sicilia è sempre stato particolarmente saldo. L’appartenenza a una famiglia siciliana per parte di madre; gli anni infantili trascorsi a Reggio Calabria, a contatto con la sponda messinese dello Stretto, meta frequente per le gite festive; l’indimenticabile “viaggio musicale” con Lomax nel luglio del 1954, che ha toccato tutte le province siciliane; le amicizie con tanti intellettuali, artisti e studiosi tra cui Carmelo Samonà, aristocratico palermitano che sarebbe diventato un apprezzato “francesista” e suo collega alla Sapienza; infine, la formazione di allievi che devono al suo magistero la passione e il metodo per l’indagine etnomusicologica: tutti elementi che attestano una connessione radicata e tenacemente perdurante. Dopo l’esperienza del 1954, Carpitella fa ritorno in Sicilia da ricercatore solo una volta, nel marzo del 1967, nell’isola di Pantelleria, dove era nata sua madre e dove risiedevano ancora molti parenti. L’indagine si svolge nell’ambito delle campagne promosse dal Centro Nazionale Studi di Musica Popolare. I 67 documenti sonori rilevati nell’isola non sono mai stati oggetto di uno studio specifico. Cercheremo pertanto di proporne una prima sistemazione critica nel più ampio quadro della musica siciliana di tradizione orale.
Marco Lutzu (Università di Cagliari)
Diego Carpitella etnomusicologo audiovisivo: il caso di Is Launeddas (1982)
Nel 1982 Diego Carpitella realizza il documentario Sardegna: Is launeddas, parte della serie “I suoni – ricerche sulla musica popolare italiana”, prodotta dalla RAI e curata dallo stesso Carpitella. Incentrato sulla figura del suonatore Dionigi Burranca, il film, della durata di circa 30 minuti, rappresenta il primo esempio di film uniconcettuale dedicato al triplo clarinetto sardo. Attraverso un’analisi filmica e discorsiva del documentario, integrata dalle riflessioni teoriche sviluppate dallo stesso autore e dalle testimonianze dirette di alcuni protagonisti, il mio intervento mira a evidenziare come Is launeddas costituisca una tappa fondamentale per comprendere il ruolo di Diego Carpitella nella definizione di un approccio audiovisivo alla ricerca etnomusicologica.
Nicola Scaldaferri e Shan Du (Università di Milano “Statale”)
Carpitella e oltre: le ricerche sulla musica tradizionale arbëreshe
La Raccolta 22 degli Archivi di Etnomusicologia ha avuto il merito di far conoscere la multiforme realtà musicale dei paesi albanofoni di Basilicata e Calabria. Il progetto di film documentario Kater Breza/Quattro generazioni, di cui si propone in questa occasione un primo sintetico risultato, intende raccontare attraverso lo strumento audiovisivo il dinamismo di una realtà attiva e in continua trasformazione. Il focus è sul paese di S. Costantino Albanese: quattro generazioni di voci femminili si intrecciano con l'attività di collezionisti locali e ricercatori e che si sono susseguiti a partire da Diego Carpitella e Ernesto De Martino, che nell'aprile 1954 vi realizzarono le prime registrazioni sonore.
Giovanni Vacca (Università di Roma 3)
Carpitella a Napoli
Diego Carpitella ha sempre dimostrato un forte interesse per la realtà musicale napoletana e in più di un’occasione, colpito dal successo della Nuova Compagnia di Canto Popolare, non ha mancato di riflettere sull’originalità della ricerca e dell’approccio al revival del gruppo guidato da Roberto De Simone. L’intervento si propone di problematizzare le idee da egli espresse in queste circostanze, discutendole alla luce di una lunga intervista con lo stesso De Simone, da me effettuata tra il 1989 e il 1990, e di un’intensa, personale esperienza di oltre venti anni di ricerca sul tessuto musicale campano e sui rapporti tra musica di campagna e musica di città a Napoli.
Serena Facci, Giuseppe Giordano, Federica Mucci, Giuseppina Colicci, Alessandro Cosentino, Vanna Viola Crupi, Alberto Annarilli, Maria Costanza Solazzo, Simone Tagliaferro
“Lazio devozione” e “Musiche migranti”: il LADEM in ActAr
Nel corso della presentazione l’equipe di ricerca mostrerà i risultati del lavoro svolto nell’ambito del progetto ActAr – Active Archives (novembre 2023-settembre 2025). In particolare il sito web ACTAR-LADEM, ovvero la sezione del sito del Laboratorio Archivio di Etnomusicologia dell’Università di Roma “Tor Vergata” espressamente aperta per la consultazione e presentazione pubblica dei due archivi “Musiche Migranti” e “Lazio Devozione”. I contenuti delle nuove ricerche sul campo e le varie attività di condivisione, restituzione e promozione previste dal progetto saranno inoltre raccontati in due video alla cui realizzazione hanno collaborato tutti i componenti dell’equipe.
Chair: Giorgio Adamo (Università di Roma “Tor Vergata”)
Ignazio Macchiarella (Università di Cagliari)
La musica fra comunità e industria
Comunità e industria sono termini ricorrenti negli scritti di Diego Carpitella. Comunità, lungi dal designare semplicemente un insieme di individui, viene usato come una sorta di soggetto collettivo della tradizione orale che cristallizza e tramanda le modalità musicali. Industria tende invece, ad emblematizzare la tendenza verso il livellamento culturale, la produzione di musiche facilmente commercializzabili che appiattiscono la diversità musicale. Da un lato la creatività musicale, dall’altro la standardizzazione. Nel corso degli anni, “comunità” e “industria”, sono stati (e continuano ad essere) utilizzati in una ampia varietà di accezioni entro differenti ambiti del fare musica (per dire “community music”, “industria creativa/musicale”) che richiedono specifici percorsi di ricerca. Una significativa presenza dei due termini si riscontra all’interno del turbinio di attività dell’ICH/Unesco nell’ambito della cosiddetta cultura immateriale. Il termine comunità viene molto frequentemente utilizzato benché il suo significato non sia ben definito negli stessi scritti ufficiali Unesco. Il progetto UCCN (Unesco Creative Cities), invece, rappresenta una rete di 350 città del mondo le cui attività sono imperniate sulla “creatività dell’industria culturale”, con primario rilievo alla attività musicali. Il mio intervento vuole evidenziare come il pensiero di Diego Carpitella possa ancora oggi offrire spunti di riflessione stimolanti e fecondi su questioni come quelle che chiamate in causa nell’occasione.
Jacopo Tomatis (Università di Torino)
Rivoluzioni a 33 giri: dischi, politica ed etnomusicologia in Italia
Nella sua autoriflessione metodologica, l’etnomusicologia ha sovente preso in considerazione le conseguenze della fissazione sonora di pratiche musicali radicate nelle tradizioni orali, anche in Italia. Meno indagate sono invece le implicazioni della diffusione commerciale di dischi, e in particolare lo stretto legame che collega, nel nostro Paese, la discografia politica e le origini della disciplina, attraverso l’attività dei Dischi del Sole, dei Dischi dello Zodiaco / Albatros, ma anche di altre etichette più o meno ufficiali, più o meno strutturate. L’intervento, nell’ambito del progetto PRIN 2022 “Atlante della discografia antagonista. Italia 1958-1980”, vuole avviare una riflessione su come le vicende della discografia politica si intreccino con la storia dell’etnomusicologia italiana, contribuendo a delinearne le categorie fondative e a orientarne i percorsi di ricerca.
L’intervento ruota intorno a temi cardine del pensiero di Diego Carpitella, a cominciare dall’identificazione di caratteri peculiari della musica popolare italiana. Per converso, già negli anni Cinquanta del secolo scorso, di fronte a “nuovi” fenomeni espressivi, egli riconosceva l’affermazione di «due tipi di esecuzioni standard: una alla “napoletana”, l’altra “all’alpina”». Ci concentreremo su quest’ultimo modello, in un percorso alla ricerca delle radici dei “Canti della montagna”, indagandone repertorio, stile e motivazioni culturali. Quello spazio di confine fra più sfere dell’espressione musicale era maturato in Trentino, imponendosi poi quale sistema “settentrionale” diffuso. La definizione di un organismo altro, rispetto a precedenti peculiarità del linguaggio musicale di tradizione orale, era stata verificata da Carpitella anche attraverso indagini inaugurali in quello stesso territorio alpino, dapprima con Alan Lomax nel 1954 e poi attraverso la ricerca etnomusicologica nella Valle dei Mòcheni del 1969, promossa dall’Istituto Superiore di Scienze Sociali, il primo nucleo della nascente Università di Trento.
Girolamo Garofalo (Università di Palermo)
La chitarra battente a Corigliano Calabro: lo strumento e il repertorio. Odierne risonanze di una ricerca giovanile dei primi anni Ottanta.
Fra il 1981 e il 1985 svolsi a più riprese una ricerca etnomusicologica sulla chitarra battente in provincia di Cosenza. In un primo sondaggio esplorativo mi mossi in un’area piuttosto vasta: da Acri a Bisignano, da Caloveto a Rossano, da Longobucco a Sibari fino a San Demetrio Corone e ad altri centri arbëreshë. A partire dal 1982 mi concentrai però quasi esclusivamente su Corigliano Calabro, poiché il singolare tipo di strumento lì impiegato, con le particolarità del suo repertorio e l’affascinante storia secolare di cui mi sembrò subito carico, suscitò in me particolare interesse. In quest’intervento riassumerò alcuni risultati di quella ricerca (che, per inciso, fu l’argomento della mia tesi di laurea che intitolai La chitarra battente a Corigliano Calabro: lo strumento e il repertorio e che avrei poi discussa nel dicembre 1986), con riferimento alle peculiarità organologiche dello strumento e alle specifiche tecniche esecutive, ai principali repertori vocali e strumentali ad esso connessi, ai contesti tradizionali in cui veniva impiegato ancora in quagli anni. A supporto mostrerò una selezione della documentazione fotografica (strumenti, cantori e suonatori) che realizzai allora, e proporrò alcuni frammenti della consistente documentazione sonora (tuttora inedita) che raccolsi. A più di quarant’anni di distanza, in un contesto radicalmente mutato, quella ricerca assume oggi oggettivamente un valore documentario insostituibile. Per me, però, resta soprattutto la memoria di un’esperienza umana intensissima, costellata di incontri indimenticabili.
Fulvia Caruso, Thea Tiramani, Giordano Calvi, Maria Giuliana Rizzuto
Voci e suoni in movimento: l’archivio TRAS fra “Altrove è qui” e “Musiche del mondo a scuola”
Il nostro intervento illustra le attività svolte dall’Unità di Cremona nell’ambito del progetto ActAr – Active Archives, sulla conservazione e valorizzazione delle memorie sonore custodite nell’archivio TRAS – Tracce Sonore: Archivio di Storie e Tradizioni Musicali. L’archivio raccoglie i materiali provenienti da due iniziative avviate nel 2014: la rassegna di lezioni-concerto dal locale al globale dedicata a repertori musicali delle tradizioni italiane e straniere, e il progetto di ricerca Musica migrante, che documenta le pratiche musicali delle comunità straniere presenti sul territorio di Cremona. La valorizzazione dell’archivio si è articolata in tre fasi complementari: 1) schedatura di inventario dei materiali audiovisivi; 2) laboratori didattici nelle scuole di ogni ordine e grado, culminati nella pubblicazione di un volume di proposte educative; 3) realizzazione del podcast Altrove è qui, che restituisce al pubblico una selezione di contenuti musicali tramite le voci dirette dei protagonisti.
Chair: Giancarlo Palombini (Università di Perugia)
Silvia Bruni (Università di Bologna)
Scenari del sacro e strategie di visibilità: la musica rituale in Marocco tra spazi privati, media digitali e festival pubblici
In Marocco, le confraternite religiose sono protagoniste dei riti sacri e degli eventi festivi collettivi. La loro musica accompagna un ampio spettro di attività associate al sufismo o poste ai margini dell’islam ortodosso: dalla recitazione di poesie devozionali e invocazioni religiose, alle cerimonie di possessione spiritica, fino a pratiche volte a ottenere guarigioni o benedizioni. Originariamente radicate in contesti privati, queste espressioni sonore e rituali hanno intrapreso nuove traiettorie di circolazione: dapprima tramite audiocassette e video locali, poi, dagli anni Novanta, con la diffusione televisiva, fino ad approdare ai festival e, oggi, al web e ai social media. Questi processi coinvolgono i gruppi musicali delle confraternite e, più recentemente, anche formazioni femminili. L’intervento coniuga la ricerca etnografica in Marocco con l’analisi dei processi di diffusione e rielaborazione delle pratiche musicali nei festival e nei media digitali. Si sofferma su come tali trasformazioni possano creare nuove opportunità di visibilità e, al tempo stesso, ridefinire i rapporti tra musica, contesto rituale e identità di genere.
Giovanni Cestino (Università di Milano “Statale”)
“Cantata pian’ e forte”: riflessioni in itinere sul field recording di due “complesse” polifonie vocali (Rovinj-Rovigno e Premana)
Il tema di questo intervento nasce da due esperienze sul campo dedicate entrambe a pratiche di canto a più parti, pur profondamente diverse tra loro. Da un lato l’ària da nuòto (“canzone notturna”) della comunità italiana di Rovinj-Rovigno (Croazia), una forma di polifonia raffinata e sommessa, a tre parti soliste, da eseguirsi in luoghi dotati di specifiche caratteristiche acustiche; dall’altro i canti della comunità di Premana (Lecco), tra cui spiccano i tiir, ben noti per la loro potente intensità e da tempo discussi nelle loro peculiarità musicali e performative. Approcciate con gli strumenti dell’etnografia audiovisuale, tali pratiche hanno costituito una preziosa occasione per testare varie tecniche di field recording, tra cui registrazione ambisonica, binaurale e stereo in varie configurazioni. Sulla scorta di alcuni esempi discuterò dunque le implicazioni metodologiche e concettuali rivelate da (o sottese a) tali scelte tecniche, evidenziando come l’esperienza tecnologica assuma un duplice valore epistemologico – verso le pratiche musicali da essa mediate e verso la stessa pratica della mediazione.
Giovanni De Zorzi (Università “Ca’ Foscari” di Venezia)
“Primizie” dalla ricerca sul campo ad Istanbul, tra musicisti del maqām
Tra il 2024 e il 2025 ho vissuto ad Istanbul dove ho condotto una ricerca sul campo focalizzata sullo stato attuale della musica d’arte ottomano-turca. Il lavoro è parte dell’UKRI International intitolato “maqām beyond Nation”, dedicato alle musiche d’arte (maqām) del mondo mediorientale e centroasiatico, ripartito tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e la University of London, School of Oriental and African Studies (SOAS). La mia ricerca è iniziata da una serie di incontri con l’Ensemble Bezmârâ, diretto da Fikret Karakaya, per preparare il repertorio del concerto che si sarebbe tenuto a Venezia, in Fondazione Giorgio Cini, il 20 novembre 2024. In seguito ho incontrato molti giovani e brillanti musicisti di maqām che, complessivamente, mi portano a condividere alcune osservazioni: innanzitutto l’abbondanza di giovani maestri, spesso già docenti in Conservatori e Università, e la vitalità dell’attività concertistica in città; poi come molti di loro suonino sia in ensembles di musica d’arte che di musica sufi, composta nel linguaggio del maqām, un tempo proibita ma oggi eseguita proprio in quegli antichi centri (tekke), restaurati e in piena attività, grazie ad un complesso fenomeno di “revival” neo-ottomano. Colpisce, infine, la presenza di numerosi laboratori di liutai e costruttori di strumenti tradizionali, indici di una situazione in piena fioritura.
Ilaria Meloni (Sapienza Università di Roma)
Virtuosi dell’organetto: contesti, protagonisti e processi revivalistici delle musiche abruzzesi nella Marsica odierna
In Abruzzo sopravvivono vivaci espressioni di musica e danza popolare grazie a bande e gruppi folcloristici che mantengono vive forme artistiche secolari. Un fenomeno rilevante è quello dei giovani virtuosi dell’organetto, musicisti che, iniziando a suonare in età precoce, rinnovano la tradizione adattandola a un pubblico contemporaneo. Tra loro spicca Matteo Tortora, figura simbolo del revival abruzzese, soprattutto nella Marsica. I suoi brani, come la Saltarella Tiburon, fondono forme musicali della tradizione e interpretazioni moderne, nel tentativo di coinvolgere un più vasto pubblico ed inserirsi nella nuova ondata di riproposta. La saltarella, danza tipica dell’Italia centrale, oggi è sempre meno praticata spontaneamente durante le feste in alcuni terrori abruzzesi, sostituita da balli latino-americani o liscio. Tortora rielabora questa musica integrandola con ritmi dei moderni balli di gruppo per stimolare la partecipazione intergenerazionale e sovralocale. Tuttavia, in alcuni casi, la complessità melodica rende difficile la danza, trasformando la performance in un equilibrio tra recupero di antiche pratiche sociali e puro virtuosismo musicale. In questo intervento si presenta e si discute con approccio critico-analitico i percorsi, le modalità e le possibili future conseguenze di questo tipo riproposta musicale e coreutica.
Giovanni Giuriati, Grazia Tuzi, Gianluca Chelini, Francesca Billeri, Vathanak Sok
Gli archivi dei Maestri: percorsi di vita, memorie condivise, saperi restituiti
L’intervento si concentrerà sul lavoro condotto negli ultimi anni su alcuni archivi di Maestri ritenendo che, attraverso la ricostruzione di percorsi di vita e di ricerca di musicisti e studiosi autorevoli, si possa tracciare un contesto di vita musicale e di riflessione etnomusicologica di fondamentale importanza. Altro scopo è sottolineare come il lavoro con gli archivi costituisca non solo un’operazione di ricerca, ma serva anche a condividere memoria di conoscenze e di esperienze e a elaborare percorsi di restituzione dei saperi acquisiti. L’intervento si articola in due parti, corrispondenti al lavoro su due archivi in contesti diversi. La prima sarà dedicata all’esperienza dell’archivio dell’importante maestro e musicista cambogiano Meas SaEm che, nel corso della sua lunga carriera, ha raccolto e trascritto oltre 700 brani delle tradizioni musicali khmer. Giuriati, Billeri e Chelini esporranno i risultati del lavoro di ricerca e restituzione condotto su questo materiale, caricato su un sito appositamente creato nel corso del progetto. La seconda parte è incentrata sul lavoro che Tuzi ha condotto sull’archivio privato di uno dei fondatori dell’etnomusicologia italiana, Diego Carpitella, maestro di una generazione di etnomusicologi e protagonista del dibattito culturale italiano del dopoguerra.
Chair: Pier Giuseppe Arcangeli (Conservatorio di musica “Giulio Briccialdi”, Terni)
Ilario Meandri e Giulia Ferdeghini (Università di Torino)
Acusteme 1.0. Data model e ontologia per la catalogazione e il riuso di materiali del dominio etnomusicologico, musicologico e di musica per film
Il progetto Acusteme nasce nel 2017 per rispondere alle esigenze del Museo del Paesaggio sonoro di Riva presso Chieri, custode di oltre 2000 strumenti locali. Era sia necessario catalogare in modo granulare strumenti e documenti materiali e digitali; sia rendere i dati accessibili, interoperabili e non soggetti a obsolescenza rapida per permetterne diffusione e riuso. Ciò ha portato a creare un data model nativo LOD e a elaborare un’ontologia di dominio per la rintracciabilità dei dati nel semantic web. Da questo embrione Acusteme si è ampliato e rafforzato, dotandosi di sezioni specifiche per la descrizione dell’ampio spettro della documentalità etnomusicologica: ricerca sul campo, organologia, musica per film (dal cue sheet ai file di DAW), discografia contemporanea, paesaggio sonoro. Tenta inoltre l’integrazione tra i principali standard italiani nell’ambito della bibliografia, dell’archivistica e dei beni culturali (REICAT, ICCU SBN-Music, ICCD e ICAR) e internazionali (IFLA-LRM…). AcustemeOntology, recentemente pubblicata, si adegua, allineandosi ad alcune ontologie top e middle-level (Bibframe, LRMoo, RiC-O, CIDOC).
Alessandro Bratus (Università di Pavia, sede di Cremona)
Prassi (e restituzioni) creative: l’archivio del workshop “La Città della Canzone”
La documentazione dei momenti di creatività collaborativa è particolarmente rara nella popular music: le sessioni di prove e scrittura sono tenute in circostanze private e con la minima presenza di esterni al nucleo degli autori ed eventuali performer. D’altro canto, la dimensione collaborativa risulta interessante perché forza il singolo al confronto con altri e alla condivisione dei propri obiettivi creativi, estetici, comunicativi. Con il laboratorio “La Città della Canzone” abbiamo provato a sperimentare un luogo di creatività collaborativa per autori emergenti e a documentarne sistematicamente i lavori. Il materiale raccolto durante le dieci edizioni del workshop, attualmente in corso di indicizzazione all’interno di una piattaforma digitale, permette di avanzare riflessioni tanto sui meccanismi della creatività, quanto di riflettere sulle implicazioni metodologiche connesse alla costruzione di un archivio delle prassi per la canzone contemporanea.
Vincenzo Caporaletti (Università di Macerata)
Trascrizione informatica in sincrono audio e analisi della pulsazione implicita: il caso dell’alap
Chair: Maurizio Agamennone (Università di Firenze)
Ofer Gazit (Università “Ca’ Foscari” di Venezia)
Notebooks: le migrazioni audiovisive di Mariano Gil
Questa presentazione esamina le pratiche intrecciate di pittura e musica nell’opera di Mariano Gil, musicista argentino di strumenti a fiato e pittore, attivo da quarant’anni a New York. Portando con sé taccuini ai propri concerti e a quelli di colleghi, ha creato un archivio visivo della vita musicale della città. Gli studi su musica e migrazione hanno spesso sottolineato il ruolo della musica nell’articolare identità etniche e nazionali; negli studi sul jazz, invece, si è evidenziato come negli anni Settanta alcuni musicisti abbiano sperimentato con le arti visive. Tuttavia, in entrambi i casi la ricerca ha mantenuto netti i confini tra musicista e artista visivo, tra musica argentina e jazz. I taccuini e le registrazioni di Gil mostrano invece come suono e immagine diventino inseparabili, mettendo in discussione confini artistici e nazionali. Analizzo quindi gli aspetti strutturali e rappresentazionali del suo lavoro audiovisivo e sostengo che costituisca un archivio personale e collettivo della scena jazz migrante di New York.
Lorenzo Chiarofonte (Università di Bologna)
Didattica musicale interculturale e restituzione digitale: le “Guide all’ascolto delle musiche del mondo”
L’intervento si propone di illustrare i recenti sviluppi del progetto “Guide all’ascolto delle musiche del mondo”, promosso dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini. Avviato nel 2021, il progetto nasce con l’obiettivo di offrire strumenti critici per la comprensione della diversità musicale attraverso percorsi di didattica interculturale accessibili anche a un pubblico non specialista. Il progetto integra le prospettive delle digital humanities, dell’analisi musicale e della valorizzazione del patrimonio audiovisivo conservato presso l’Archivio dell’IISMC. In concomitanza con il recente rinnovamento del sito della Fondazione, il progetto sta attraversando una fase di trasformazione: è in corso l’avvio di una nuova collana editoriale, digitale e open access, che a partire dal 2026 raccoglierà le guide già pubblicate e quelle in via di realizzazione. Parallelamente, la ridefinizione dell’interfaccia e dei contenuti digitali ha avviato lo sviluppo di un nuovo sito web dedicato, che ospiterà le versioni interattive delle guide, con l’intento di mantenerne ampia e accessibile la fruizione e la diffusione.
Nico Staiti (Università di Bologna)
Io la musica sono: ricomposizione di un’opera ispirata all’Orfeo di Monteverdi
Il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna ha ideato e realizzato, con la collaborazione del Conservatorio “Tchaikovsky” di Catanzaro, un dramma musicale ispirato all’Orfeo di Claudio Monteverdi. La ri-composizione delle musiche è opera di Mario Tronco. Il lavoro si è avvalso delle competenze etnomusicologiche, necessarie alla compenetrazione di elementi delle tradizioni pastorali e militari con la scrittura del compositore e del librettista originali. I musicisti che hanno partecipato alla realizzazione sono suonatori di tradizione, calabresi e siciliani, musicisti e cantanti specializzati nell’esecuzione di musiche barocche, musicisti specializzati nell’uso dell’elettronica. L’opera e la sua descrizione in forma di paper offrono un contributo alla valutazione della funzione dell’etnomusicologia nella riconsiderazione di opere del passato e nella composizione e messa in scena di lavori contemporanei.
Ultimo aggiornamento
13.09.2025